Intervista a Tiziano Massazzi di ATEF, impresa specializzata nella realizzazione di pavimenti industriali, su alcune delle tematiche importanti riguardanti i pavimenti industriali.Pavimentazioni Industriali, sono strutture ?
Il parere rilasciato dal CONSUP sul riconoscimento dei pavimenti industriali come strutture ha portato chiarezza nel settore.
A suo parere, il principio che se una pavimentazione industriale deve fare da basamento a una scaffalatura di medie, o grandi, dimensioni, debba essere progettata da un professionista qualificato è giusta?
La circolare esplicativa del Consiglio Superiore dei LLPP del 2018 sicuramente ha segnato una svolta sul piano normativo, tuttavia questo è solo un passo nel percorso di riconoscimento delle pavimentazioni industriali in calcestruzzo quali strutture, le quali devono supportare e sopportare il lavoro di un’industria moderna o di un magazzino logistico per decenni.
Ciò che deve maggiormente cambiare è la mentalità del costruire, sia da parte degli addetti ai lavori quanto degli utilizzatori finali della struttura.
Ancor oggi moltissime pavimentazioni industriali vengono appaltate e subappaltate al miglior prezzo, nella totale mancanza di un progetto, senza conoscere il coefficiente di Winkler della massicciata, senza controlli qualitativi del calcestruzzo, basandosi unicamente su voci di capitolato “copia-incolla” risalenti talvolta agli anni ‘70/’80, le quali descrivono procedure applicative ormai cadute in disuso od indicano spessori di massetti che non possono nemmeno definirsi carrabili.
Questo approccio costruttivo, purtroppo, ha riempito e riempie ancor oggi i tribunali italiani di contenziosi.
In presenza o meno di scaffalature, la pavimentazione è pur sempre la base di ogni attività lavorativa, quindi oltre agli obblighi progettuali di legge vengono anche quelli dettati dal buon senso e dalla professionalità.
Vorrei riportarvi un esempio concreto in cui mi sono imbattuto proprio in questi giorni.
Ho effettuato una perizia su una pavimentazione nuova, destinata ad ospitare un magazzino ad alta densità e corsia stretta (VNA). I carrelli elevatori, del valore di diverse centinaia di migliaia di euro ciascuno, non sono in grado di operare sulla pavimentazione in calcestruzzo, il cui valore al metro quadro è forse inferiore a quello di dieci chilogrammi di pane. Motivo? Nessuno si è preoccupato di progettare la pavimentazione in funzione della specifica destinazione d’uso, relegando il tutto ad una generica realizzazione “a regola d’arte”.
La messa in funzione del magazzino verrà rinviata di almeno tre mesi ed i costi di adeguamento del pavimento superano ampiamente quelli di realizzazione.
Pavimenti Industriali e Calcestruzzo
Le caratteristiche di un pavimento industriale dipendono ovviamente molto anche dalla qualità dei calcestruzzi adottati.
Ritiene che i fornitori di calcestruzzo siano oggi in grado di supportare in modo esaustivo, da un punto di vista tecnico e di prodotti, le esigenze per la realizzazione di un pavimento industriale idoneo?
Sotto il profilo tecnologico, i produttori di calcestruzzo presenti sul territorio italiano credo non abbiano nulla da invidiare ai colleghi europei od oltreoceano.
Tuttavia il calcestruzzo italiano è vittima di una pericolosa anomalia normativa. Mi riferisco al dry-mixing, ovvero la produzione di calcestruzzo mediante immissione degli ingredienti in autobetoniera, demandando a quest’ultima il compito di “agitare” il calcestruzzo.
Il termine “agitare” e non mescolare è assolutamente opportuno, in quanto le autobetoniere non sono progettate per miscelare correttamente il calcestruzzo.
Tale pratica mi risulta essere bandita in quasi tutta Europa ed in alcuni paesi del nord Africa per ovvi motivi, mentre in Italia è la prassi.
Gli impianti italiani muniti di mescolatore difficilmente lo utilizzano, se non espressamente richiesto dal cliente.
Le mie esperienze nel utilizzo di calcestruzzo miscelato con apposito mescolatore, negli anni mi hanno confermato che l’omogeneità di fornitura e le prestazioni del materiale differiscono significativamente, talvolta superando ogni aspettativa.
Quali sono i problemi più frequenti che riscontrate nelle forniture di calcestruzzo?
I problemi più frequenti sono attribuibili alla “squalifica” del calcestruzzo durante le fasi di trasporto.
Le operazioni di agitazione in autobetoniera del calcestruzzo, spesso contrastano con le esigenze dei trasportatori di contenere i consumi di gasolio e di velocizzare i tempi di scarico. Se a questo aggiungiamo quanto già scritto, ovvero che l’autobetoniera non è un mescolatore, il risultato è un calcestruzzo visibilmente disomogeneo, spesso così mal mescolato da contenente blocchi di materiale anidro.
Nel caso di utilizzo di calcestruzzo fibroarmato, la questione si complica ulteriormente a causa della difficoltà di disperdere adeguatamente le fibre nell’impasto.
Poi ci sono le aggiunte di acqua non richieste, autisti che lavano le autobetoniere scaricando l’acqua di risulta nella pompa del calcestruzzo, ed altre situazioni simili.
Che tipo di rapporto andrebbe costruito tra produttore di calcestruzzo e impresa di pavimentazione per poter fare un salto di qualità nel settore?
Le rispettive associazioni di categoria hanno provato a sedersi al medesimo tavolo per anni, ma credo non vi sia stato un proficuo dialogo.
La qualità nel settore delle pavimentazioni industriali si può elevare contribuendo in modo congiunto all’aggiornamento delle normative di riferimento, come ad esempio la UNI 11146:2005, nel rispetto di tutte le parti ma nell’interesse del mercato, dei clienti, della qualità delle strutture e dei materiali che le compongono.
I problemi dei piazzali esterni in calcestruzzo in inverno
Per le pavimentazioni in calcestruzzo realizzate in zone che poi risentono dei problemi di cicli gelo/disgelo viene previsto l’uso di prodotti aeranti.
Non sempre però si tiene conto del fatto che durante l’inverno su queste pavimentazioni viene spesso sparso del sale disgelante a base di cloruri (sodio, calcio,…) e questo porta a fenomeni di rapido degrado della piastra.
Cosa si dovrebbe fare per evitare questo problema?
Probabilmente farò drizzare i capelli a qualcuno con la mia risposta, ma sono sempre stato fermamente contrario all’utilizzo di aeranti nella realizzazione di pavimenti in calcestruzzo, specialmente se essi vengono ricoperti da uno strato di spolvero corazzante.
Invece di creare sacche d’aria per limitare gli effetti deleteri dell’espansione del ghiaccio all’interno del calcestruzzo, ritengo decisamente più saggio evitare che l’acqua stessa penetri all’interno della matrice del calcestruzzo.
Questo si ottiene con uno studio del mix-design del calcestruzzo, l’utilizzo di specifici additivi e l’azione combinata di trattamenti superficiali del pavimento, al fine di ridurne drasticamente la porosità.
Se il calcestruzzo è impermeabile, non solo è resistente ai cicli di gelo e disgelo, ma evita anche la penetrazione dei cloruri.
In ogni caso, spargere direttamente sale su una pavimentazione in calcestruzzo non è mai un’operazione consigliabile. Ricordo che i sali disgelanti non intaccano solo il calcestruzzo, ma anche i metalli e qualsiasi altro materiale.
In commercio si trovano disgelanti contenenti inibitori di corrosione, in grado di limitare l’aggressività.
Il problema del Pop Out
Uno dei problemi più importanti dei pavimenti industriali, da un punto di vista economico, è quello delle reazioni di pop out. Purtroppo si continua a sentire di pavimenti che hanno cominciato a «scoppiettare» e che presentano decine di microcrateri sulla superficie, nelle zone più a rischio avete identificato delle procedure per prevenire il problema?
Per prevenire il fenomeno della reazione alcali-aggregati, fondamentalmente bisogna attuare due accortezze.
La prima è assicurarsi che gli aggregati dell’impianto superino i requisiti previsti dalla UNI 8520-22:2020.
La seconda accortezza, assodato che il “pop-out” è un fenomeno che avviene in concomitanza di tre fattori, ovvero presenza di aggregati silicei reattivi, presenza di alcali (sodio-potassio) ed acqua, sarebbe sufficiente eliminare un fattore per bloccare la reazione.
Teoricamente, non potendo intervenire sul potenziale contenuto di aggregati reattivi, né sulla presenza di alcali, né potendo modificare il tipo di cemento dell’impianto di betonaggio, si bloccherebbe la reazione togliendo l’acqua, ovvero posizionando una adeguata barriera al vapore tra massicciata ed il getto di calcestruzzo.
In tal modo aggregati reattivi ed alcali possono convivere, ma ovviamente questa è una condizione applicabile ai soli pavimenti interni.
La delaminazione dei pavimenti in calcestruzzo
Negli ultimi 10 anni, proprio in corrispondenza della diffusione dei prodotti a maggiore efficienza, è scoppiato il caso dei problemi di delaminazione delle superfici del pavimento industriale. in che modo avete operato per superare il problema e quali consigli all’applicatore potete dare ?
Purtroppo le possibili cause di delaminazione dello strato corticale di una pavimentazione in calcestruzzo sono moltissime, tali da poterne scrivere un libro.
Si va dalle condizioni climatiche durante le fasi di getto alle errate tempistiche di lavorazione e frattazzatura, dalla disomogenea od eccessiva applicazione di spolvero corazzante alla mancanza di una adeguata protezione contro l’evaporazione d’acqua, dall’eccessivo bleeding del calcestruzzo e della segregazione, etc, etc..
Solo l’esperienza consente al professionista di individuare, le possibili criticità.
Anche in questo caso quindi, il mio consiglio si volge nel fare una adeguata progettazione.
I pavimenti post tesi
Da diversi anni per le pavimentazioni più impegnative si preferisce utilizzare la soluzione delle pavimentazioni post tese.
Avete esperienze in tal senso ? Cosa ne pensate ?
In ATEF abbiamo realizzato la prima pavimentazione post-tesa nel 2017 e si è rivelata una scelta vincente per il nostro cliente.
Come noto, i giunti di contrazione e di costruzione delle pavimentazioni in calcestruzzo sono inevitabilmente fonte di degrado se sottoposti ad intensivo traffico veicolare di carrelli a ruota semi-rigida.
Uno dei maggior pregi della post tensione consiste proprio nell’eliminazione dei giunti e di ogni parte vulnerabile della struttura, oltre che il mantenimento di ottimi valori di planarità, elevate resistenze meccaniche, etc..
La realizzazione di un pavimento post teso comporta inevitabilmente un maggior costo di realizzazione, tuttavia ogni cliente che ha scelto questa soluzione ha azzerato i costi ed i disagi dovuti alle manutenzioni.
Nel settore della logistica, in cui tipologia di traffico veicolare è completamente diversa da quella di venti o trent’anni fa, un pavimento industriale in calcestruzzo post-teso rappresenta una delle pochissime soluzioni realizzabili con successo.
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