F1 - Mercedes è davvero il dominus politico della F1? | Formula Uno Analisi Tecnica

2022-08-20 05:57:18 By : Ms. Samantha Huang

Questo articolo non disquisirà di questioni tecniche. E’ bene chiarirlo in apertura in modo tale che il lettore sarà preparato e sarà conscio del fatto che lo scritto in questione è una riflessione sulla maniera in cui, sovente, vengono narrati i fatti. Su come questi ultimi siano recepiti dagli appassionati di F1 e sul fatto che, ormai, sia acclarata una distorsione quasi insanabile che fa perdere lucidità, capacità analitica e la facoltà di lanciarsi nei più elementari e pacifici confronti.

Il pezzo prende le mosse dal comunicato che ieri pomeriggio è stato diramato dalla FIA che ha inteso spiegare quali sono le modifiche regolamentari per l’anno in corso (marginali), per il 2023 e per il 2026. Per tutti i dettagli potete consultare il nostro focus a questo link: leggi qui.

Invero lo stimolo a redigere il documento (pienamente opinabile) nasce dalla reazioni di molti osservatori e appassionati alle linee guida fissate dal legislatore. Le ribattute dei suddetti soggetti sono state per gran parte votate al fastidio. Come se tutto il castello decisionale fosse stato messo in piedi per aiutare qualcuno e scontentare qualcun altro, penalizzandolo immotivatamente.

Un modo di fotografare le circostanze filtrato da un’alterazione ormai atavica secondo cui l’ente preposto al comando non agisca in totale autonomia ma come fosse comandato da intangibili fili tirati da una mano, stavolta molto visibile, che apparterrebbe a Toto Wolff, plenipotenziario della Mercedes AMG F1.

Non si cade lontano dal vero se si asserisce che ci sia un movimento molto pingue che paragona la casa di Stoccarda ad un deus ex machina che determina i destini della serie sportiva che raccontiamo. Ciò accadrebbe in un singolare immobilismo delle altre parti in causa che sarebbero piegate e funestate dal vento teutonico che spira con violenza tra gli uffici di Place de la Concorde, sede della Federazione Internazionale dell’Automobile.

Oramai c’è la convinzione (fallace) che le modifiche regolamentari al centro del testo che va componendosi siano state redatte da personaggi contigui alla Stella a Tre Punte. Magari dalla stessa Sahila-Ann Rao che ha preso il posto di Peter Bayer dopo aver lavorato come consulente di Mr. Wolff. Non si nega che possa sorgere il dubbio che si configuri un conflitto di interessi – come ha immediatamente sottolineato un particolarmente attento Mattia Binotto – ma, consentitemi di fare l’avvocato del diavolo, c’è la strisciante percezione che talune paure emergano ad intermittenza. O a convenienza.

I ruoli chiave della F1 o di Liberty Media sono pieni di ex illustri. Senza scendere nello specifico ed evitando di spingersi troppo in là nel passato, possiamo citare nomi del calibro di Jean Todt, Ross Brawn, Nicholas Tombazis, Stefano Domenicali. Figure che hanno avuto trascorsi rossi e non solo. Nel momento delle loro nomine non si sono sollevate questioni di legittimità. Né di opportunità. Che oggi, invece, vengono urlate da una stampa sensazionalista che, evidentemente, ha vocazione scandalistica piuttosto che informativa. Segno dei tempi.

Bisogna essere realisti e mondarsi da comode e malcelate ipocrisie che sfociano in un buonismo di facciata: un codice regolamentare è sempre frutto di una mediazione politica. E’ figlio di un accordo scaturente da una contrattazione. Che, per natura ed interessi in gioco, non può essere lineare. Un’intesa nella quale gli autori-attori se le sono date di santa ragione per vedere le proprie istanze trionfare su quelle della controparte. Tutto è politica. Anche quando a casa decidete il luogo delle vacanze o quale tv acquistare per il soggiorno si inscena una lotta di posizioni. E’ un normale agire, una dinamica naturale per la quale scandalizzarsi è puerile. E pure stupido.

Ogni team si fa latore di interessi particolaristici. Ogni squadra, insomma, porta acqua al suo mulino. Avete mai visto Ferrari sposare linee d’azione che potessero più o meno favorire un’altra scuderia? Conosco la vostra risposta: direte di sì. Affermerete che lo ha fatto quando si è appiattita sulla visione della Mercedes circa i motori turbo-ibridi. Ma quella è debolezza politica derivante dall’incapacità di farsi forte e tirare le redini del cavallo. Soprattutto se si è in possesso del diritto di veto, un istituto giuridico ormai desueto considerando il contesto odierno e che, fosse in possesso di altre realtà, genererebbe interrogazioni alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Non bisogna confondere un clamoroso autogol ammesso a più riprese da Luca Cordero di Montezemolo con il normale agire.

Uscendo dalla provocazione che sostanzialmente voleva sottolineare la maldestra conduzione di una trattativa che ha contribuito a riscrivere gli assetti della F1 recente, è chiaro che in background ci sia stata una battaglia tra i soggetti che danno vita al Circus. Ed è altrettanto palese che chi è in difficoltà (Mercedes lo è con la sua W13) chieda revisioni più ampie che potessero avere un effetto rimescolante che sarà la pista a confermare o a confutare.

Quel che il legislatore ha stabilito nei giorni scorsi ed ha comunicato ieri è frutto di compromesso. Da un lato c’erano, probabilmente, Ferrari e Red Bull che chiedevano che nulla fosse toccato nelle norme tecniche; dall’altro la Mercedes che spingeva per un cambio di passo più marcato di quello che effettivamente si è realizzato.

La cartina di tornasole di questa situazione è data da un fatto in particolare, che riguarda una specifica – e nevralgica – area delle monoposto basate sull’effetto Venturi: i bordi dei pavimenti. La loro altezza, nello specifico. Il regolamento proposto – anzi imposto – afferma che vanno rialzati di 15 mm rispetto a quelli attuali. La richiesta iniziale della FIA, probabilmente sposata dalla Mercedes, era di dei 25. Ne sono scaturite lotte intestine. Proposte, controproposte, accuse, attacchi, difese, chiusure nette, aperture inattese. Un ordinario processo di decision making che per qualcuno, in maniera piuttosto ingenua e forse per un preconcetto ormai insanabile, ha voluto leggere come un regalo ad un determinato soggetto. Falso.

Che ci siano state lunghe chiacchierate e probabilmente furenti battaglie è confermato indirettamente da un passaggio della nota prodotta da Mohammed Ben Sulayem: “La sicurezza è assolutamente la massima priorità per la FIA e abbiamo dedicato tempo e risorse significative all’analisi e alla risoluzione del problema del porpoising. Ho discusso personalmente la questione con tutti i team e i piloti, e anche se ci sono state alcune divergenze di opinione a causa delle diverse posizioni competitive, è molto chiaro che la FIA ha il dovere di agire e garantire che i piloti non vengano messi a indebito rischio di lesioni a causa di questo fenomeno”.

Sul tavolo, per molti giorni, c’è stata la proposta di alcune franchigie (Ferrari e Red Bull con ogni probabilità) di spostare l’introduzione del pacchetto 2023 all’anno successivo. Alcuni protagonisti, tra cui la McLaren, si sono lamentati della tempistica ritenendo che agosto è un momento tardivo visto che le vetture per l’anno prossimo sono già in avanzata fase di definizione. Sarebbe stato più corretto chiudere la partita – e su questo punto sono tutti d’accordo, compreso chi scrive – entro aprile. Ma se non si è fatto non è per un complotto cosmico ordito da forze oscure. I rettiliani lasciamoli ai teorici delle cospirazioni più grottesche.

La procrastinazione è dipesa proprio dall’inconciliabilità delle posizioni che alcune scuderie non hanno voluto ammorbidire. Da qui la fermezza federale che ha deciso di andare avanti per la sua strada mostrando, una volta tanto, risolutezza e spalle larghe. Ciò che un ente di governo dovrebbe sempre possedere. Perché essere in balia delle onde porta ad un solo epilogo: la confusione generale. Nichilismo.

Si fa un gran parlare di benefici soggettivi, di vincitori e di vinti. Qualcuno ha letto nella palla di vetro riuscendo, evidentemente, a preconizzare con bassissimo margine d’errore il panorama futuro. Doti divinatorie basate su sensazioni e illazioni. Al momento non c’è contezza di quello che sarà il quadro tecnico-valoriale post Belgio e soprattutto del 2023 quando entreranno in scena le novità più importanti.

L’operato del governo della F1 è criticato su un punto in particolare: la rimodulazione regolamentare non sarebbe frutto di ragioni di sicurezza ma servirebbe per livellare le prestazioni. E anche su questo fronte bisognerebbe un attimo stare attenti allo storico mediatico espresso dei padroni del vapore. Perché è nelle loro dichiarazioni invernali che troverete la motivazione di questo modus operandi.

Andiamo per per gradi. La questione di sicurezza è reale ed è preventiva. Seguite il ragionamento. Ad un certo punto le oscillazioni verticali erano quasi fuori controllo. Baku è stato il punto più basso da questo punto di vista. Ed è in quella circostanza che i tecnici federali hanno deciso di muoversi. Se nelle gare successive il fenomeno si è visto meno è per la conformazione delle piste e perché, ovviamente, le scuderie hanno lavorato per limitare un andamento gravemente inficiante delle prestazioni.

Proprio le performance hanno messo la FIA sul chi vive. Il timore era che, mantenendo le stesse quote sui fondi e sulla flessione degli stessi, l’anno venturo saremmo stati punto e a capo. Gli ingegneri sono lontani dall’aver estratto tutto il potenziale dai canali Venturi. I tecnici dell’organo decidente lo sanno e hanno, così per dire, messo le mani avanti creando un contesto normativo limitante. Dal quale è difficile che si possano aumentare gli attuali punti di carico scaturenti dall’effetto suolo. Un modo di procedere conosciuto e che caratterizza la storia stessa della categoria: si limita il potenziale delle auto per evitare che i tempi sul giro decrescano repentinamente e costantemente.

Ma c’è un altro motivo per il quale la Federazione si è mossa. E non ha a che fare né con l’incolumità dei conducenti né con la “Mercedes tessitrice“. In inverno Brawn, Tombazis e lo stesso Domenicali avevano avvisato tutti. A più riprese: lo scopo delle regole nuove è appiattire le prestazioni. E per raggiungere questo obiettivo si sarebbe ricorso a calibrazioni successive e progressive. La FIA, ente esecutore, ha il mandato di mettere in atto la visione strategica di Liberty Media che è votata alla massima competitività e alla possibilità di pluri-accesso alla vittoria.

Il duello esclusivo ed escludente tra soli due team non è ciò che il colosso americano voleva. La FIA, imbeccata dalla proprietà del “giocattolo”, già tra 2020 e 2021 aveva operato delle modifiche normative che, di fatto, hanno spezzato il monopolio Mercedes creando quel contesto che ha permesso a Max Verstappen di poter contare su una monoposto per lunghi tratti punto di riferimento della serie. Quello switch regolamentare sui fondi, stranamente (!?), non aveva ingenerato furiose polemiche.

Ciò che dovrebbe quindi inquietare chi oggi si agita non è il presunto ruolo di un team che ha giocato al tavolo da poker per cercare di vincere, così come fatto dagli altri nove concorrenti. La fan base e certi osservatori dovrebbero invece acidamente criticare l’interventismo anti-meritocratico sbandierato dai preposti di Liberty Media che ha il fine di livellare la F1 per generare duelli, spettacolo e soldi.

Se Mercedes è brava a giocare sul tavolo della politica non può essergliene fatta una colpa. In F1 si vince anche così. Lo sanno anche in Ferrari ed in Red Bull che di certo non possono dolersi oltremodo del compromesso cui si è giunti dopo lunghe diatribe. Milton Keynes, ad esempio, ha molto da esultare per i privilegi che Porsche potrà ottenere in qualità di nuovo motorista.

L’idea che la Mercedes – o altri team che in passato hanno imposto lunghi periodi di dominio – possa marchiare a fuoco la F1, in un senso o nell’altro, è concettualmente errata. Ritenere il team di Brackley metro e misura di ogni cosa non spiegherà mai i motivi di certe scelte, ma servirà solo a sobillare tifosi imbufaliti e che cercano comodi capri espiatori.

La progressiva standardizzazione delle parti meccaniche, il budget cap che calerà a 130 milioni di dollari nel 2026, i vari congelamenti normativi cui abbiamo assistito negli anni, il “balance of performance tecnico” (contingentamento gallerie del vento e CFD i base alla classifica) e il quasi totale annullamento dei test in pista hanno un solo obiettivo dichiarato: trasformare la Formula Uno in una categoria incerta negli esiti e uniforme nelle prestazioni. I regolamenti presentati ieri vanno sempre di più in questa direzione. Ma qualcuno non l’ha voluto leggere. Cui prodest?

Autore: Diego Catalano – @diegocat1977 Foto: F1, Mercedes AMG F1 Team, FIA, Oracle Red Bull Racing

Mica tanto d’accordo. Porpoising: si obbligano le squadre a rispettare un livello di vibrazioni medicalmente accettabile. Sta alla squadra trovare il modo. Fondo mobile. Zona grigia del regolamento, bravi gli ingegneri che l’anno trovato; nuove regole sì, ma non in corso di campionato.

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