Addio a Mikhail Gorbaciov, l’ultimo leader dell’URSS. Osannato dalle élite atlantiche per un malinteso, detestato a casa | Korazym.org

2022-09-10 06:23:41 By : Mr. David Zhou

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.09.2022 – Vik van Brantegem] – A seguito del nostro articolo di ieri La morte di Mikhail Gorbaciov, il cordoglio del Papa e suo testamento del 2019, condividiamo di seguito una nota dell’ANSA di oggi  Gelo su Gorbaciov in Russia, giallo sui funerali di Stato. L’ex leader celebrato solo in Occidente seguito dall’articolo dell’amico e collega Renato Farina L’incompreso. Gorbaciov osannato per un malinteso. Voleva salvare l’URSS e difendeva Putin, pubblicato oggi su Libero Quotidiano: per le élite occidentali è l’uomo che ha ridato la libertà alla Russia, ma in realtà lui non intendeva abbattere il regime. E prese posizioni molto vicine allo Zar.

Gelo su Gorbaciov in Russia, giallo sui funerali di Stato L’ex leader celebrato solo in Occidente ANSA, 1° settembre 2022 “Un politico e uno statista che ha avuto un grande impatto sulla storia del mondo” e che “cercava di proporre le proprie soluzioni a problemi scottanti”. Vladimir Putin ha reso così il dovuto omaggio, senza avventurarsi in giudizi di merito, alla figura di Mikhail Gorbaciov. Ma il rapporto controverso dell’attuale establishment con colui che siglò la pace con l’Occidente emerge nei commenti di altri dirigenti. Primo fra tutti il Portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale “il romanticismo di Gorbaciov non si è concretizzato”, non c’è stata una pace durevole con gli ex nemici e alla fine la loro “sete di sangue si è manifestata”. A confermare l’imbarazzo con cui i dirigenti di Mosca hanno reagito alla notizia – mentre Europa e Stati Uniti celebravano l’uomo che ha cambiato la storia – è stata l’incertezza durata per tutta la giornata sugli eventuali funerali di Stato. La figlia Irina ha fatto sapere che la camera ardente si terrà sabato presso la Casa dei sindacati di Mosca e lo stesso giorno si svolgeranno i funerali presso il cimitero di Novodevichy. Qui Gorbaciov verrà sepolto accanto all’amata moglie Raissa, non lontano dalle tombe di Chruscev, Majakovsky, Cechov, Bulgakov, Shostakovich e la moglie di Stalin, tra gli altri. Ma la stessa Irina ha detto di non essere in grado per il momento di dire se ci saranno funerali di Stato, annunciati dalla Tass ma non confermati dal Cremlino. L’agenzia Interfax, citando due “fonti informate”, li ha esclusi. Decisamente positivo, sull’altro fronte, il giudizio di Alexei Navalny, che dice di aver saputo della morte di Gorbaciov da “radio carcere”. L’ultimo leader sovietico ha saputo “lasciare il potere in modo pacifico”, ha riconosciuto l’oppositore, aggiungendo che Gorbaciov “è rimasto uno dei pochissimi che non ha usato il potere per guadagno e arricchimento personale”, e “questa da sola è una grande impresa per gli standard dell’ex Urss”. Le reazioni ufficiali a Mosca riflettono anche l’ambiguità nel modo di rapportarsi con l’ex regime da parte dell’attuale sistema di potere. Questa Russia che rinnega l’epoca sovietica ma allo stesso tempo si propone come erede di quell’impero che segnò la massima espansione della potenza di Mosca. A farlo trasparire è stato lo stesso Peskov, quando ha ricordato le parole pronunciate da Putin in un’intervista pochi mesi dopo l’ascesa alla presidenza: “Se non rimpiangi il collasso dell’Unione Sovietica non hai cuore, se vuoi che l’URSS rinasca non hai cervello”. “La morte di Gorbaciov è una grande perdita per il nostro Paese”, ha aggiunto poi il portavoce del Cremlino, moderando il duro giudizio iniziale. Ma “è stato una personalità molto complessa, sfaccettata e spesso contraddittoria che ancora provoca accesi dibattiti nella nostra società”. Gorbaciov “ha praticamente incarnato le drastiche trasformazioni nella Russia e nel mondo”, è stato il giudizio espresso dal Primo Ministro Mikhail Mishustin. Mentre un falco come l’ex Presidente Dmitry Medvedev ha reso forse l’omaggio più positivo e inaspettato all’uomo che ha lavorato per la pace con l’Occidente. “Mikhail Sergeyevich adottò decisioni molto difficili in un drammatico periodo della storia del Paese. Ha posto le basi per cambiamenti globali e i giudizi e raccomandazioni basati sulle sue vaste conoscenze ed esperienza sono stati importanti anche per la nuova Russia”. A riassumere in modo chiaro il giudizio più diffuso su Gorbaciov fra la dirigenza moscovita – ma anche tra buona parte del popolo russo – è un editoriale pubblicato da Ria Novosti a firma di Irina Alksnis. “L’antica saggezza – ha scritto la commentatrice – dice che le vie per l’inferno sono lastricate di buone intenzioni”. Vale a dire, Gorbaciov ha cercato di riformare l’URSS, ma non ha saputo gestire questo difficile processo e ha provocato la caduta della potenza russa.

L’incompreso Gorbaciov osannato per un malinteso Voleva salvare l’URSS e difendeva Putin di Renato Farina Libero Quotidiano, 1° settembre 2022 Adesso che giace esposto nella bara aperta all’uso russo, Mikhail Gorbaciov è tomato famoso. Troppo tardi, viene da dire: non per lui, che non se ne fa più niente, ma per noi. Osservando la sua parabola esistenziale, salta su dalla storia una gigantesca pietra d’inciampo, che benevolmente possiamo chiamare paradosso, ma somiglia all’ipocrisia. E stato divinizzato dalle élite atlantiche quando fece loro l’occhiolino umanitario e pacifista pur di salvare il salvabile del comunismo. E stato dimenticato, e trattato con sussiego, quando ha cominciato a dire la verità, e che cioè se gli USA e l’Unione europea avessero insistito a trattare Mosca come un Paese di “seconda fila” sarebbe tornata la guerra fredda o peggio. Perfetto. Lo gridò ai quattro venti, anzi continenti, quando nel 2019 tutti lo cercarono per commemorare il trentennale della caduta del Muro di Berlino. Nessuno lo prese sul serio. Ciao, vecchio perdente… Memoria, please. L’Occidente lo onorò con un titolo da principe rinascimentale, “Gorby il Magnifico”, quando da capo del comunismo sovietico, eletto dal Politburo all’unanimità, si presentò al mondo come un compagno sì ma tutto speciale, un homo sovieticus amante della pace e della libertà. In realtà aveva avuto l’incarico di una mission impossible dalla suprema gerarchia bolscevica, disperata erede delle rovine eco vomiche e morali lasciatele da Breznev e dai modesti suoi successori Andropov e Cernenko. Se c’era uno che poteva riuscirci era lui, Michele, con questo nome da Arcangelo con la spada, gli alti papaveri dai natali di rosso stinto gli dettero il mandato ampio di inventarsi un “nuovo pensiero”, una versione riverniciata del socialismo pur di salvare il salvabile del regime, e conservarlo nelle mani sicure del PCUS. Chiedendo e ottenendo una specie di voto di scambio con l’America e l’Occidente. Un patto proposto dal Cremlino che traduciamo in italiano volgare: noi smettiamo di competere con voi, dal punto di vista militare e strategico, insomma non vi rompiamo più le scatole, voi di Washington e della Nato lasciate ai neocomunisti con il colbacco le redini del potere, lasciate sopravvivere l’Urss, senza strozzarla. La mossa era cinica e intelligente. L’Unione Sovietica era tecnicamente fallita, incapace di rispondere alla sfida militare lanciata da Ronald Reagan. Aveva perso. Il gigante si rivelava essere un feroce fantoccio che si reggeva sui piedi d’argilla di un’economia da fame nera, altro che superpotenza. La poltrona Dichiarare il disastro però avrebbe significato consegnare la nomenklatura al linciaggio di un popolo ingannato per 70 anni. Il “nuovo pensiero” aveva un lato esterno e uno interno. In politica internazionale: una dottrina buona per i gonzi che pone «gli interessi comuni dell’umanità» al di sopra della lotta tra capitalismo e socialismo. In politica interna: glasnost, cioè trasparenza dall’alto verso il basso + perestrojka, vale a dire ricostruzione economica, sociale, morale del Paese… Risultati? Ha cambiato il mondo, ma non proprio come lui sperava. Era convinto che alla fine lui avrebbe dato umanità al socialismo e salvato così l’URSS. Non era un falsario, questi concetti li esprimeva con franchezza in lunghissimi e monocordi discorsi, ma la storia gli è sfuggita clamorosamente di mano. Era un buon tattico, una tartaruga politica, ma la sua strategia era una gabbia irrealistica, che i popoli hanno sfondato, dirigendosi dove loro garbava e non nella direzione che quest’uomo aveva prefissato. Gorbaciov era stato il pupillo di Andropov, già capo del KGB, e credeva di aver appreso l’arte di tenere a bada masse e individui, instradando tutti su un binario obbligato. Successe che il treno lo tirò sotto. I Russi conobbero finalmente la verità sull’orrore dei Gulag, una notizia che fino ad allora non era arrivata alla gente comune. E questo è un merito (involontario) che nessuno potrà togliergli. Ma non è stato bravo a governare il cambiamento che aveva innescato, il fervore entusiasta dei potenti d’Occidente, lo aveva distratto, o forse reso cieco, fatto sta che non si è accorto di come, sotto il suo naso, non si era umanizzato il socialismo, ma il “mercato”, anzi – direbbe Giulio Tremonti – il “mercatismo” guidato dai furbetti del Pcus aveva imposto le sue regole rendendo i poveri e sfruttati ancora più poveri e sfruttati.

Il Nobel e la caduta A Roma seguii nel dicembre del 1989 il suo incontro con Giovanni Paolo II, e la successiva conferenza stampa a Milano. L’Europa dall’Atlantico agli Urali, la casa comune europea, l’Europa che deve respirare con due polmoni. È paradossale, ma il crollo di quell’atroce barriera berlinese, che egli accettò pur essendo impreparato all’evento, gli garantì il Nobel per la pace ma fu l’inizio della sua caduta. Me ne resi conto alla fine del ’90, quando percorsi in ferrovia l’immenso Paese: uno Stato travolto dal caos. Quando da noi era trattato da eroe, nell’infinita URSS era già un uomo profondamente detestato, a Mosca e tra i Russi, ma soprattutto nelle repubbliche e tra i popoli che non accettavano più di essere parte dell’impero comunista. Questa è stata la miopia di Mikhail Gorbaciov, figlio di un contadino del Caucaso e che a 20 anni credeva già di essere un predestinato a guidare la slitta rossa, ma senza frustare i cavalli, convinto che li avrebbe tenuti in riga. Balle. Non capì che lasciare uno spiraglio alla libertà, sollevando un pochino il coperchio della tirannide, alla fine avrebbe ridotto in briciole il conglomerato comunista. Gorbaciov oggi risulta uno sconfitto della storia, senza gloria in patria, in Occidente è visto come un dilettante incapace di governare i demoni del popolo russo, quasi fosse facile. Un giudizio onesto ma sciocco. Negli anni si era liberato dalla scimmia del marx/leninismo e cercava di impedire che si inceppasse il dialogo tra Russia ed Europa. Sosteneva: «Non dimenticate che la Russia è europea». Capiva che questa dimenticanza era contro natura e perciò seme di guerra. Senza potere Gorbaciov ci vedeva meglio. Ma i suoi moniti sono stati trattati come il biascicare di un profeta fallito. Nel 2019 rilasciò per iscritto – non si fidava più – un’intervista a Le Figaro. Vedeva lontano anzi vicino: «Sotto Putin, la Russia ha fatto una chiara scelta di politica estera: siamo a favore di un mondo multipolare. Putin riconosce il ruolo dell’Occidente nella politica e nell’economia mondiale ed è pronto a collaborare. Spero non dimentichiate i passi che ha fatto verso l’Occidente, verso gli Stati Uniti. Ma questi passi non sono stati accolti come meritavano. Come negli anni ’90, la sindrome del vincitore ha impedito all’Occidente di rispondere con saggezza. Va considerato tutto questo quando si valutano le azioni del nostro Paese. La Russia non accetterà un ruolo secondario negli affari mondiali». Foto di copertina: Mikhail Gorbaciov (come Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica) mentre bacia sulla bocca, da vero leader sovietico, Erich Honecker, alla parata del 7 ottobre 1989, un mese prima della caduta del Muro di Berlino. In occasione delle celebrazioni per il quarantesimo anniversario della fondazione della Deutsche Demokratische Republik nell’ottobre del 1989, Gorbaciov andò a Berlino, partecipò ai festeggiamenti, constatò ancora una volta le perplessità di Erich Honecker e disse pubblicamente nel corso di una intervista che “il tempo punisce chi non si accorge del suo passaggio”. Durante l’incontro tra Gorbaciov e Honecker, che precedette la caduta del Muro, nulla sembrava poter presagire ciò che sarebbe successo. Eppure, sotto la superficie del regime, le cose erano già cambiate radicalmente. Gorbaciov è di cattivo umore e non fa nulla per nasconderlo. Accanto a lui Erich Honecker, sguardo fisso e smorfia di disappunto, saluta la folla con il solito, impercettibile gesto delle mani. Lontani i tempi del bacio in bocca con il vecchio Leonid Breznev: dalla trionfale visita del 1979 sono passati dieci anni e già sembra un secolo.